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Domande e risposte

In questo periodo sto creando una nuova squadra di professionisti per costruire una moderna ed efficace rete di relazioni.
Mi trovo, quindi, quotidianamente, a dialogare con persone a cui presento il progetto o che ci stanno mettendo dentro il naso per capirne di più.
E' affascinante come le parole si stiano rivelando uno strumento per affinare il pensiero.
Ho ben in mente il mio obiettivo, vedo già ben chiaro come sarà BNI CityLife quando arriverà il momento del lancio. Ma per raccontare a ognuno ciò che ho in testa devo trovare le immagini e le parole che più sono adatte al mio interlocutore.
Nel dialogo, infatti, c'è sempre chi parla e chi ascolta, in un continuo movimento di andata e ritorno che cambia  senso di marcia a ogni frase.

Settimana scorsa parlavo con un architetto che stimo molto e mi sono venute in mente queste immagini. L'energia solare, le fonti rinnovabili, i pannelli fotovoltaici che producono tanta più energia quanti più pannelli sono collegati fra loro. Architetto / impianti solari. Probabilmente fossi stata al telefono con un altro interlocutore questa immagine non mi sarebbe emersa così nitida.

 

E' il pensiero che si traduce in parole o sono le parole che affinano il pensiero? Credo che entrambe siano verità. Spesso capita di non far caso alle parole, di prenderne alcune a caso "tanto si capisce" e di parlare o scrivere in modo grossolano con il rischio di naufragare in fraintendimenti o non riuscire nei propri intenti di comunicazione. Le sfumature linguistiche sono importanti perché offrono visioni precise e supportano messaggi inequivocabili.

 

Ci sono parole che sono considerate universali, grezzi sinonimi di tutto. "Fare" e "cosa", per esempio.
Chi ha voglia di scrivere degli esempi? I commenti sono aperti!

 

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